sabato 26 marzo 2016

GRAN CORONA: Montecristo "A" VS Sancho Panza "Sanchos"

Il confronto tra due Gran Corona come il Montecristo "A" e il Sancho Panza "Sanchos" è davvero impegnativo e non solo per le dimensioni di questi due giganti.
Il primo è da tutti soprannominato "Il Re" ed è attualmente l'unico Gran Corona prodotto a Cuba.
Il secondo ha resistito fino al 2006 ai tagli di produzione ma anch'esso ha finito per essere purtroppo discontinuato, finale scritto per tutti questi formati decisamente oversize e usciti dall'orbita del cosiddetto "fumatore moderno".
Nello specifico abbiamo provato un Montecristo A datato 2001 e proveniente da un box da 25 esemplari (solo per ragioni di immagine è stato associato al box ligneo che vedete in fotografia più sotto) mentre il Sanchos proviene da un box da 5 esemplari datato 2004 in cui ciascun sigaro risulta a sua volta conservato in SLB come effettivamente vedete nell'immagine.
Ulteriore precisazione: visti i 235 mm di largo si è preferito evitare la consueta divisione in tercios evidenziando invece i passaggi nell'ambito di 30 minuti per ciascun settore.
Entrambi i sigari sono stati conservati al 65-67% di u.r.
Ecco il risultato della degustazione comparata.

Montecristo "A" (2001)
Esteticamente è magnifico e certamente più accattivante rispetto al pari vitola di Sancho Panza.
La chiusura della testa è da manuale, la capa è di medio spessore, straordinariamente uniforme e priva di venature. Al piede si nota la possibilità che il tiraggio possa avere qualche difficoltà e infatti il successivo taglio fa presumere un tiraggio difficoltoso.
In realtà sarà così soltanto in parte: all'inizio il tiraggio sarà solo leggermente costretto per poi peggiorare gradualmente fino a metà fumata dove risulterà effettivamente difficoltoso. La cosa, come vedremo, sarà risolta solo nell'ultima parte di fumata.

I primi puff sono improntati sulla frutta secca: noce e mandorla con una leggera acidità di base che comunque scompare nel giro di pochissimo.
Gli aromi e i sapori sono appena sussurrati, la partenza è molto lenta come da copione.
Il puff propone un fumo sottile ma comunque di sostanza: leggero pepe bianco si affaccia mentre il legno antico si intreccia con la mandorla. Il doppio puff in questa fase è probabilmente la scelta migliore visto che aumenta l'intensità aromatica e la mole di fumo che arriva in bocca.

Dopo 30 minuti di fumata i sapori si fanno più distinguibili: un mix di sapidità e dolcezza con leggera prevalenza di quest'ultima. La finezza aromatica, complice l'ampio invecchiamento, è all'apice ed è probabilmente il pepe bianco a guidare le sensazioni del palato, mostrandosi in maniera straordinariamente pulito e ricercato.
Dopo ulteriori 30 minuti la gamma aromatica è ormai definita: legno antico, pepe bianco, mandorla e cenni di erbe aromatiche si fondono in un elegante connubio, dove la forza nicotinica si attesta definitivamente su un livello di 1,5/5 rapportandosi con un'intensità aromatica di conseguente portata (e quindi con un equilibrio raggiunto). La persistenza post-puff è comunque buona, sintomo che il tabacco ha comunque mantenuto una sua impronta ben definita nell'arco degli anni (ben 14, ricordiamolo).

Dopo un ulteriore passaggio di altri 30 minuti le erbe aromatiche e il pepe bianco crescono leggermente di intensità, mentre il tiraggio si fa più difficoltoso: proseguire con il doppio puff (e a volte il triplo) diventa un esigenza. Positivo il fatto che il sigaro comunque non si scomponga pur essendo sottoposto a una serie di puff ravvicinati.
I sapori rimangono nel range dolce/sapido senza dare luogo a puff amari così come sarebbe nella logica delle cose.

Dopo 130 minuti di fumata il Montecristo A sfodera un cambio di ritmo importante, dove l'intensità aromatica cresce in funzione di una parte speziata sempre più consistente, diretta conseguenza di un legno antico che si fa progressivamente più incisivo. Il puff risulta così più appagante e persistente.
Davvero una svolta.
Le difficoltà di tiraggio si acuiscono leggermente tanto da dover procedere al taglio di parte della testa oltre la perilla per cercare di "saltare" con un po' di fortuna eventuali noduli alla base.
Operazione purtroppo non andata a buon fine, visto che il doppio puff continua ad essere necessario. Dal punto di vista evolutivo si segnala un sigaro mutevole ma al di sotto delle aspettative visto il formato ampiamente propenso a questa caratteristica.

In questa fase il fumo è più denso e gli aromi sono comunque armoniosi e ben intrecciati tra di loro (pepe bianco, nocciola, legno pregiato, cacao amaro) con sapori leggermente più incisivi rispetto al passato e una predominanza delle sensazioni speziate. La forza sale fino a livello 2,5/5 in completa armonia con l'intensità di aromi e sapori.
Dopo un paio di ulteriori centimetri i problemi di tiraggio risultano definitivamente superati e ci si prepara così al finale di fumata: la vaniglia (tipica del brand) si fa sentire e si aggiunge alla frutta secca a guscio, al cacao amaro e all'onnipresente pepe bianco dando vita ad un finale degno di questa vitola con una persistenza al palato molto positiva.

Complessivamente si è trattata di una fumata molto rilassante e armoniosa, dove la lunga durata del sigaro (poco meno di tre ore) non si è dimostrata ostacolo ad una fruizione che per qualcuno potrebbe risultare eccessivamente lunga.
L'ostacolo più importante si è dimostrato invece il tiraggio che alla lunga ha certamente influito negativamente sulla necessità di imbarcare con semplicità il giusto quantitativo di fumo.
Al di là di questo aspetto, il Montecristo A ha ampiamente vinto la sfida sul versante della finezza e dell'eleganza, risultando invece nella norma per quanto riguarda intensità aromatica e complessità.
Da sottolineare gli ultimi 30 minuti di fumata: densi, appaganti e pieni di soddisfazione che riscattano in parte le difficoltà sommatesi progressivamente nell'ambito della meccanica di fumata.

Punti di forza: Eleganza e finezza
Punti deboli: Tiraggio difficoltoso ed evoluzione sotto le aspettative

Abbinamenti consigliati:
Analcolico: Acqua gasata
Alcolico: Non consigliato

Voto complessivo: 89/100
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Sancho Panza "Sanchos" (2004)

Esteticamente si presenta abbastanza bene anche se la capa non è delle migliori, soprattutto rapportata con quella del Gran Corona di casa Montecristo.
A crudo flebili sensazioni legnose, poco da raccontare.
Il tiraggio si mostra subito perfetto, l'accensione è immediata e agevole.
I primi puff sono subito di ottimo auspicio: legno morbido, crosta di pane, miele. I sapori sono fin da subito dolci e ben si abbinano alla gamma aromatica proposta. Si nota immediatamente come il sigaro bruci abbastanza velocemente, con una combustione efficace evidenziando una cenere molto più chiara rispetto a quella del Montecristo A.

Dopo 30 minuti di fumata facciamo il punto della situazione: la gamma aromatica percepita è di grande finezza ed eleganza: il legno aromatico è morbido e gentile e si sposa con il miele e leggerissime spezie presenti in retrogusto. La nocciola fresca completa un bouquet di buona complessità nell'ambito di un'intensità medio-bassa. La forza è commisurata e si attesta sui 2/5.
Il fumo ha una buona cremosità e la persistenza del puff dà altrettanta soddisfazione.
Quando cade il primo blocco di cenere si evidenzia la classica forma conica del braciere che comprova effettivamente l'ottimo tiraggio e l'eccellente combustione.

Dopo ulteriori 30 minuti siano di fronte a un ulteriore passaggio: il sigaro ha pienamente raggiunto la fase di crociera e si mostra in evoluzione. Sentori di noce moscata si inseriscono su un legno mutevole e una certa sapidità si allaccia alle sensazioni dolci. Il miele permane ma cala di intensità. Il fumo è più cremoso e abbondante, gli aromi sono intricati e ottimamente amalgamati: nessuna traccia di spigoli o forzature. Intensità e forza nicotinica permangono nella stessa misura riscontrata nel settore precedente. Una fase davvero inebriante dal punto di vista della soddisfazione palatale, niente da dire.

Se possibile nel settore successivo (altri 30 minuti di fumata) il sigaro migliora ulteriormente: compare il cacao, opulente e ben distinguibile e si innestano passaggi balsamici molto apprezzati che rinfrescano la fumata. Permane il legno e la nocciola mentre la parte speziata (pepe bianco) fuoriesce dalla nicchia del retrogusto per affacciarsi senza più timori nelle linee della gamma aromatica. Il connubio cacao-miele è splendido e per certi versi entusiasma.

Ulteriore step di 30 minuti: l'intensità della fumata cresce, la forza si adegua di conseguenza: il livello raggiunto è quello medio (3/5). Quello che stupisce è la costanza qualitativa della fumata, mai sopra le righe e mai difficoltosa: le correzioni in oltre due ore di fumata sono state solo un paio e in concomitanza con la caduta della cenere, quindi più che giustificate. Spezie e miele continuano a lavorare sulla consueta base legnosa preparando il finale di fumata: tornano le sensazioni di pane caldo che donano qualcosa in più in termini di completezza.
Il finale arriva senza sobbalzi, con naturalezza: si registra un leggero aumento di sapidità con aromi legnosi e terrosi (con aggiunta di spezie) sicuramente in prima linea.

Complessivamente si è trattato di una fumata completa, di ampia visione, strutturata e fortemente evolutiva: un vero viaggio con tanto di tappe nel mondo del tabacco cubano.
Tante le sfumature e i passaggi, un sigaro che si è proposto con una buona complessità, un'intensità adeguata al livello della carica nicotinica e una finezza ragguardevole oltre che a una armonia invidiabile. Dal punto di vista evolutivo si è dimostrato un sigaro pari a nessun altro così come eccezionali si sono rivelati tiraggio e meccanica di fumata. Un grande puro sotto parecchi punti di vista.

Punti di forza: Evoluzione e meccanica di fumata
Punti deboli: Nessuno

Abbinamenti consigliati:
Analcolico: Succo di frutta tropicale
Alcolico: Prosecco Superiore di Valdobbiadene

Valutazione complessiva: 94/100
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Considerazioni finali:
I due Gran Corona sono stati fumati nell'arco di un solo giorno di distanza e quindi le differenze sono ancora più evidenti. Il diverso invecchiamento (2001 per il Montecristo, 2004 per il Sancho Panza) non ha portato a differenze, infatti in entrambi i casi si può parlare di sigari al culmine della loro maturazione. Il Sancho Panza si è dimostrato leggermente più "corto" in fumata (165 minuti di tempistica contro i 175 del Montecristo).
Il deficit principale e la differenza sostanziale è stato il tiraggio difficoltoso del Montecristo che non solo ha reso difficoltosa la fruizione ma ha reso anche l'intera fumata sicuramente meno compiuta, a partire da un'evoluzione che è risultata sotto le aspettative per il Montecristo "A". La persistenza post-fumata è risultata appannaggio del Sancho Panza (più duratura e incisiva) mentre a favore del Montecristo si può leggere una vivacità migliore in termini aromatici nel singolo puff, ma non in tutti i settori di fumata. I cinque punti di distacco sono molti, ma non si può certamente affermare che il Montecristo "A" sia di livello inferiore, in funzione di esperienze passate dove i problemi di meccanica non si erano proposti. Ma per quanto riguarda il caso specifico nessun dubbio su quale sia stata l'esperienza "fumosa" in grado di regalare le migliori sensazioni.

venerdì 4 marzo 2016

LANCEROS NICARAGUA: Joya de Nicaragua "Serie Antaño 1970" VS Don Pepin Garcia "Serie Original"

 
In questa degustazione comparativa ci siamo approcciati a un formato ormai per molti desueto che rischia, almeno per noi italiani, di essere sempre più merce rara: il Lancero
Dopo l'addio alle importazioni di Cohiba e Trinidad (per questo secondo ci permettiamo di accumunarlo alla "famiglia" pur non essendo a stretto rigore il medesimo formato) rimangono disponibili in Italia solo quattro Lanceros: Joya de Nicaragua "Serie Antaño 1970", Don Pepin Garcia "Serie Original", My Father "N. 4" e Oliva "Serie V".
Le misure di questi quattro sigari non sono perfettamente identiche ma in senso assoluto i quattro Lanceros sono paragonabili tra loro per tempistiche e tipologia di fumata.
Tutti e quattro i sigari hanno una lunghezza differente e si va dai 195 mm di JdN fino ai 175 mm di Oliva, passando per i 190 mm del Don Pepin e i 193 mm del My Father.
La differenza più evidente riguarda quindi il lancero di casa Oliva, sensibilmente più corto rispetto agli altri (addirittura due centimetri in meno rispetto al My Father) e privo della tradizionale chiusura a "pig tail".
Per quanto riguarda il cepo tutti e quattro hanno le stesse misure, se si fa eccezione per il My Father, con un cepo impercettibilmente più marcato.
In questo articolo prenderemo in esame Joya de Nicaragua e Don Pepin Garcia, certamente i più intensi e i più marcati in termini di carica nicotinica. In futuro compareremo invece i restanti, molto diversi da questi e in grado di essere paragonati con maggiore rigore.
Alla fine delle quattro degustazioni proveremo a fare un bilancio conclusivo delle fumate cercando di individuare pregi e difetti a favore di una possibile scelta consapevole da parte dell'aficionado.
Tutti i sigari in questione sono stati conservati in humidor dedicato alle produzioni caraibiche non cubane con u.r. pari al 72-73%
 
Joya de Nicaragua
L'aspetto è invitante, la capa è lucida, di un bel colorado maduro.
Il sigaro si presenta con la tradizione chiusura a "pig tail", tipica di questo formato elegante e raffinato.
Al piede si intravede la possibilità che il tiraggio sia ampio e infatti a crudo e in fumata la sensazione si trasformerà in realtà. Prima dell'accensione sono ben chiare note dolci piuttosto marcate di legno e di nocciola.
 
I primi puff sono immediatamente sul pezzo, non c'è spazio e tempo per prendere confidenza con la fumata: subito si rivelano pepe nero, sentori marcati di carruba e legno stagionato di ottima intensità.
La forza è immediatamente su un livello di 4 punti su 5, la conferma è data dal passaggio del fumo dal naso che evidenzia come la nicotina (complice anche una conservazione a umidità oltre il 70%) sia ben presente.
La mole di fumo è imponente, a conferma del fatto che non è il diametro di un sigaro che determina la quantità di fumo ma la costruzione generale, la conseguente combustione e ovviamente le modalità di conservazione dello stesso.
L'intensità aromatica è molto elevata e si evidenzia un post-puff persistente e marcato. I sapori sono tendenzialmente sapidi mentre la dolcezza - avvertibile senza sforzi di concentrazione - è presente in sottofondo. A metà del primo tercio di decide di rallentare i puff e il ritmo si calma leggermente, cosa positiva visto l'impatto iniziale per palati forti. Così facendo si rileva più armonia e si percepisce meglio la qualità degli aromi che in questa fase è molto più che apprezzabile.
 
Il secondo tercio si propone con cacao, anice e frutta secca (noce) e questa fase promuove una delle qualità che fino a questo punto era rimasta in parte inespressa: la complessità.
Si nota anche un leggero amaricante che si sposa perfettamente con la base aromatica proposta.
Davvero godibile.
La forza scende di mezzo punto, il fumo è molto cremoso e appagante anche se un po' caldo nonostante il diradarsi dei puff. Per questo occorre rinfrescare il palato con una bibita fresca e qualche bollicina analcolica, certamente un bel modo per non appesantire il palato.
Il pepe solletica il palato mentre i sapori virano più sul versante della sapidità facendo accomodare la dolcezza solo nel retrogusto e nel post-puff.
 
Il tercio finale è ancora una volta molto incisivo, speziato e complesso con una forza che si fa sentire tornando ai livelli iniziali (4/5). L'equilibrio è comunque rispettato grazie a un'intensità aromatica sopra le righe: l'idea di "spostare" l'anilla per continuare a godere della fumata è quasi un obbligo.
Il risultato? ancora noce, carruba e legno stagionato fine e gradevole.
Emotivamente si tratta di un sigaro con una spiccata personalità, da fumare dopo i pasti, cercando il più possibile di mantenere un ritmo lento e cadenzato. Ciò risultata possibile, visto che l'appagamento è marcato e non si sente certo il bisogno di ripetere con elevata frequenza il puff.
Sigaro nicaraguense con elevate qualità organolettiche, meccanicamente perfetto e complesso oltre la media con una certa originalità negli aromi proposti che lo "staccano" da altri sigari con le medesime caratteristiche. L'evoluzione complessiva è soddisfacente anche se non è certo questo il pregio migliore di questo lancero a cui però non si può certo chiedere tutto.
Rapporto qualità/prezzo assolutamente da sottolineare (e con un certo entusiasmo...)
 
Punti di forza: complessità e grande cremosità del fumo.
Punti deboli: una certa irruenza del tercio iniziale
 
Abbinamenti:
Alcolico: Vino passito
Analcolico: Acqua gasata con limone
 
Valutazione complessiva: 89/100
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Don Pepin Garcia
Esteticamente si presenta ottimamente, con una capa abbastanza spessa e lucida
A crudo si percepiscono sentori di mandorla e cioccolato fondente piuttosto marcati.
Il tiraggio a crudo sembra leggermente costretto, mentre in realtà nel corso della fumata si dimostrerà impeccabile.
 
I primi puff sono intensi: pepe nero, legno stagionato e mandorla sono gli aromi che vengono inizialmente proposti da questo Don Pepin.
In seguito si fanno largo cenni di caffè in grani e una tendenza generalmente sapida che in ogni caso non sbarra la strada a una componente dolce ben rilevabile soprattutto nella prima parte di espulsione del fumo.
Progressivamente le sensazioni dolci si intensificano e risultano di buona qualità e finezza.
Il legno aromatico dopo un paio di centimetri prende il sopravvento ma è il cioccolato fondente a scandire i tempi e i ritmi di fumata con un pepe che si ridimensiona progressivamente nel corso del primo tercio di fumata. La forza è media, rilevabile con 3 punti su 5, mentre combustione e meccanica di fumata sono senza sbavature.
 
Il secondo settore conferma le sensazioni provate fino a questo punto: tutto si gioca nell'equilibrio (riuscito) tra il cioccolato e il caffè in grani, tra una dolcezza prevalente e un tostato di gran classe che riesce a fungere da punto di incontro tra i vari aromi.
A questo punto della fumata è bene rilevare come effettivamente ci sia stata un'evoluzione delle sensazioni piuttosto marcata, con aromi e sapori che si alternano riproponendosi ciclicamente all'interno dei puff.
Il fumo è della giusta quantità, cremoso e vivace sia al naso che al palato mentre la sensazione che il sigaro migliori di pari passo con l'avanzata del braciere sembra essere una effettiva realtà.
La carica nicotinica nel secondo tercio si equivale rispetto al primo, mentre l'intensità raggiunge il suo apice.
 
Il tercio finale vede il ritorno delle sensazioni speziate: ancora pepe nero (questa volta in un lento crescendo di intensità) ma soprattutto cacao amaro e caffè. Quest'ultimo aroma diventa con l'avanzare del braciere l'aroma dominante, mentre a livello di sapori il sapido prende il sopravvento, affiancato da un leggero amaricante che ben si abbina con una gamma aromatica decisamente più incline all'appagamento sensoriale che non alla finezza aromatica. Anche la forza subisce una leggera impennata (incremento di un punto) ma il quadro d'insieme rispetta senza dubbio l'equilibrio generale tra intensità e forza.
 
Dal punto di vista emozionale siamo di fronte a un sigaro completo, valido sia sul versante della complessità che su quello dell'intensità degli aromi e dei sapori proposti. La fumata cambia con una regolarità tale che è impossibile non definire il lancero di Don Pepin  come evolutivo.
Una delle doti che maggiormente balza all'occhio riguarda l'armonia con la quale si sono sviluppati in tercios: da un primo settore "introduttivo" delle qualità del sigaro a un secondo tercio vivace e completo, per finire con un tercio maggiormente corposo e di sicuro appagamento sensoriale.
Inoltre la finezza, pur non essendo eccezionale, dimostra ancora una volta come i nicaraguensi possano affilare le proprie armi anche su questo versante, affiancando questa qualità alle indiscutibili doti di corpo che caratterizzano - come da tradizione - il tabacco della Terra dei Vulcani.
 
Punti di forza: evoluzione e struttura
Punti deboli: tercio finale rustico
 
Abbinamenti:
Alcolico: Ruhm
Analcolico: Caffè espresso
 
Valutazione complessiva: 88/100